mercoledì 15 ottobre 2014

Le scimmie di Swayambhunath


Sono preoccupato.
Sì, è vero, i soldi. Basta maneggiare una banconota per prendere tutti i batteri di Nepal e dintorni.
E poi ci sono le ruote della preghiera buddiste: toccate da migliaia di mani al giorno, secondo l'OMS sono la prima causa di morte in Asia.
Ma in posti come questi la prudenza non è mai troppa.
Allora come sempre faccio nei miei viaggi prendo le opportune misure igieniche.
Vado fuori dal quartiere turistico e inizio ad adocchiare i baracchini. Ne trovo uno particolarmente sporco, buio, un garage in cui tagliano la verdura e qualcos'altro di indefinibile a terra, a piedi nudi, accanto a un calderone ribollente d’olio. Controllo le mani della signora. Nere. Ottimo. Nell'aria un odore di putrefazione misto a grasso bruciato. Perfetto. Ordino un paio di cose a casaccio, tanto madame parla solo nepalese: faccia lei, mi fido. Ingurgito delle focaccine estremamente fritte e giallastre che la signora mi porge dopo essersi strofinata le luride mani sulla ancor più lurida gonna.
Non mi sento ancora sicuro. E l'ameba? E gli altri parassiti dell'acqua? Per strada un tipo vende una specie di limonata fatta a mano sul momento, spremendo dei limoni verdi piccoli come nocciole, l'acqua è presa da un bottiglione di vetro che ha sicuramente conosciuto Gengis Khan. Ne chiedo due bicchieri.
Adesso sono soddisfatto.
Se diarrea deve essere, meglio qui che sull'Himalaya a 5000 metri d’altezza.
(Ovviamente il mio turpe stomaco neanche ha alzato il sopracciglio).

(foto di Silvia Carrozzo)
(foto di Silvia Carrozzo)

Sono passati tre giorni e ancora non mi sono ripreso dal djhgljylufvgtvfqasas né dal fuso orario di 5 ore e 45 minuti. Sì, 5 ore e 45 minuti. D'altronde il Nepal è l'unico paese al mondo ad avere una bandiera non quadrangolare.
Oggi è gran festa, la città si colora di rosso, dai cani che sono ad ogni angolo di strada ai visi delle persone. Le ghirlande arancioni coprono case, macchine e moto. Tutti portano offerte di cibo e bruciano incenso a oscure divinità dal viso sfigurato.
Nel pomeriggio vado al tempio di Swayambhunath, sulla collina di fronte Kathmandu. Sotto una pioggerellina sottile mi emoziono davanti alle scimmie truci, agli alberi secolari, alla stupa enorme, ai monaci di rosso vestiti, alle centinaia di lampade a olio che bruciano davanti alle statue di decine di budda tutti diversi tra loro. Giro le ruote della orazioni nel senso stabilito, elevando la mia preghiera al cielo.
Magari funziona e la diarrea non mi viene affatto.

(foto di Silvia Carrozzo)
(foto di Silvia Carrozzo)

Qui i templi sono ad ogni angolo di strada, in mezzo alle piazze o nascosti dietro le cassette di frutta, ricoperti di oro o abbandonati alle intemperie. Qui Dio ha il volto smangiucchiato dalla ruggine, una buccia di mango buttata accanto, un cane che gli piscia addosso, delle mutande stese ad asciugare sulle ginocchia. Non come da noi, dove Dio abita in luoghi elevati, eleganti, esemplari. Da noi Dio abita lontano.  
(foto di Silvia Carrozzo)

(foto di Silvia Carrozzo)

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