La sera incontriamo dei turisti. Ovviamente francesi. Sono
tre: una giovane coppia e il fratello di lui. La cosa inquietante è che i due fidanzati
sono una goccia d’acqua, mentre i due fratelli non si somigliano per niente.
Chiedo loro se hanno pregiudizi sull’incesto. Non capiscono l’ironia. Quando mi
spiegano le loro origini mi rendo conto che hanno comunque una genetica strana:
cromosomi tunisini, russi e malgasci macinati finemente nel tritacarne
francese.
Sono molto in gamba, da un paio d’anni viaggiano in lungo e
largo per l’Asia. Fanno un pesce alla brace da leccarsi i baffi. Comprano un
paio di enormi parrot fish e ci
invitano nella loro guesthouse, una
meraviglia costruita da artisti filippini. Le pareti di bottiglie, il
labirinto, le statue, il pavimento di legno contorto, le affascinanti stanze,
il legno e il bambù, le stoffe e le
pelli: se passate da qui non vi perdete la misteriosa Enigmata Tree House.
Ma Rosalie mi colpisce di più delle statue e del labirinto. Tre minuti dopo averla conosciuta le chiedo se domani mi mostra l’isola, sono disposto a stracciare i due biglietti d’aereo che ho in tasca per rimanere a Camiguin. Ride. Non ci crede. Le rifaccio la domanda. Straccio i biglietti.
Ma Rosalie mi colpisce di più delle statue e del labirinto. Tre minuti dopo averla conosciuta le chiedo se domani mi mostra l’isola, sono disposto a stracciare i due biglietti d’aereo che ho in tasca per rimanere a Camiguin. Ride. Non ci crede. Le rifaccio la domanda. Straccio i biglietti.
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