domenica 28 dicembre 2014

Meretrici e muratrici

Con Elry e Steve, la coppia filippino-canadese, si va in spiaggia. Dopo aver loro fatto un servizio di foto romantiche, ci diamo al beach volley. Siamo io e Steve più due ragazzine del posto, che dopo molte timidezze decidono di giocare con noi. I loro accompagnatori non sono molto contenti, nonostante Elry garantisca per noi. 
Essere occidentale qui vuol dire: 1) essere ricco 2) essere interessante e/o esotico 3) essere bello, comunque e sempre, secondo i discutibili canoni estetici locali 4) essere un possibile romance che, chissà, tra il 186° episodio e il 187°, potrebbe condurre a una famiglia felice. La dedizione e il romanticismo irriducibile delle filippine le rendono appetibili di chi viene qui in cerca di sposa o di una storia d’ammmore.
Chi cerca sesso invece può andare ad Angeles, trenta chilometri a nord di Manila: è qui, accanto all’aeroporto di Clark, che la US Air Force creò ai tempi dell’occupazione il proprio quartiere generale.

La prima foto che esce se googleate "Angeles Philippines"...

...e questa la sesta (Blogspot non mi lascia postare le altre)

In un paio d’anni si è schizzati da poche decine a 100.000 prostitute, distruggendo una generazione intera e lasciando una ferita indelebile, ancora apertissima, nel tessuto sociale filippino. E facendo sì che le Filippine contendano oggi alla Tailandia il primato come destinazione per turismo sessuale e pedofilo. Per USA e Inghilterra sono già al primo posto.
Angeles è un enorme bordello a cielo aperto. Il supermercato del sesso. Si calcola che al giorno d’oggi esistono circa 50.000 figli di militari che il governo USA non ha mai riconosciuto e di cui quindi non si fa carico. Ragazzini e ragazzine, ormai uomini e donne, con gli occhi a mandorla e i capelli biondi o castani, emarginati per le loro origini e in condizioni di vita precarie o disperate, per cui è stato coniato anche un aggettivo: amerasiatici. Nonostante il paese sia un alleato degli Stati Uniti, gli amerasiatici filippini – al contrario dei figli di soldati statunitensi nati in Vietnam, in Corea, in Tailandia o in Laos – non possono diventare cittadini USA. È tutto spiegato nel bel documentario italiano Left by the ship.



A proposito.
Cammino sulla spiaggia con Erly e Steve, loro a qualche passo dietro di me. Improvvisamente vengo investito un nugolo di fischi tra cui distinguo qualche “A’ bbello!”, “Sei libero stasera?”, “Non ce l’hai la fidanzata?” e “La mia amica sarebbe interessata! Non te ne pentirai!”.
Mi giro. Una quarantina di filippine tra i 30 e i 40 anni, tutte piuttosto robuste e decise, mi fanno il gesto di avvicinarsi. Sembrano già piuttosto ubriache. Hanno una maglietta viola con su scritto qualcosa, forse è l’Associazione Muratrici Fischianti. All’inizio mi ringalluzzisco, il mio ego di macho latino gonfia il petto. Poi i fischi si fanno più insistenti, gli  inviti pure, le allusioni anche. Che se fossero le leggiadre passanti di Bangkok sarei già con loro a sgolarmi nel karaoke, ma guardo le loro braccia muscolose e mi allontano. Per un attimo provo come si sente una donna puntata da un branco di uomini.
Il giorno dopo vengo a sapere che era una riunione di poliziotte dell’isola. Il fascino della divisa: ecco cosa mancava loro.

Se venivano in spiaggia così non avrei opposto resistenza

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