Con Elry e Steve, la coppia filippino-canadese, si va in
spiaggia. Dopo aver loro fatto un servizio di foto romantiche, ci diamo al beach volley. Siamo io e Steve più due
ragazzine del posto, che dopo molte timidezze decidono di giocare con noi. I
loro accompagnatori non sono molto contenti, nonostante Elry garantisca per
noi.
Essere occidentale qui vuol dire: 1) essere ricco 2) essere
interessante e/o esotico 3) essere bello, comunque e sempre, secondo i discutibili
canoni estetici locali 4) essere un possibile romance che, chissà, tra il 186° episodio e il 187°, potrebbe
condurre a una famiglia felice. La dedizione e il romanticismo irriducibile
delle filippine le rendono appetibili di chi viene qui in cerca di sposa o di
una storia d’ammmore.
Chi cerca sesso invece può andare ad Angeles, trenta chilometri a nord di Manila: è qui, accanto all’aeroporto di Clark, che la US Air Force creò ai tempi dell’occupazione il proprio quartiere generale.
In un paio d’anni si è schizzati da poche decine a 100.000 prostitute, distruggendo una generazione intera e lasciando una ferita indelebile, ancora apertissima, nel tessuto sociale filippino. E facendo sì che le Filippine contendano oggi alla Tailandia il primato come destinazione per turismo sessuale e pedofilo. Per USA e Inghilterra sono già al primo posto.
Angeles è un enorme bordello a cielo aperto. Il supermercato del sesso. Si calcola che al giorno d’oggi esistono circa 50.000 figli di militari che il governo USA non ha mai riconosciuto e di cui quindi non si fa carico. Ragazzini e ragazzine, ormai uomini e donne, con gli occhi a mandorla e i capelli biondi o castani, emarginati per le loro origini e in condizioni di vita precarie o disperate, per cui è stato coniato anche un aggettivo: amerasiatici. Nonostante il paese sia un alleato degli Stati Uniti, gli amerasiatici filippini – al contrario dei figli di soldati statunitensi nati in Vietnam, in Corea, in Tailandia o in Laos – non possono diventare cittadini USA. È tutto spiegato nel bel documentario italiano Left by the ship.
Chi cerca sesso invece può andare ad Angeles, trenta chilometri a nord di Manila: è qui, accanto all’aeroporto di Clark, che la US Air Force creò ai tempi dell’occupazione il proprio quartiere generale.
La prima foto che esce se googleate "Angeles Philippines"... |
...e questa la sesta (Blogspot non mi lascia postare le altre) |
In un paio d’anni si è schizzati da poche decine a 100.000 prostitute, distruggendo una generazione intera e lasciando una ferita indelebile, ancora apertissima, nel tessuto sociale filippino. E facendo sì che le Filippine contendano oggi alla Tailandia il primato come destinazione per turismo sessuale e pedofilo. Per USA e Inghilterra sono già al primo posto.
Angeles è un enorme bordello a cielo aperto. Il supermercato del sesso. Si calcola che al giorno d’oggi esistono circa 50.000 figli di militari che il governo USA non ha mai riconosciuto e di cui quindi non si fa carico. Ragazzini e ragazzine, ormai uomini e donne, con gli occhi a mandorla e i capelli biondi o castani, emarginati per le loro origini e in condizioni di vita precarie o disperate, per cui è stato coniato anche un aggettivo: amerasiatici. Nonostante il paese sia un alleato degli Stati Uniti, gli amerasiatici filippini – al contrario dei figli di soldati statunitensi nati in Vietnam, in Corea, in Tailandia o in Laos – non possono diventare cittadini USA. È tutto spiegato nel bel documentario italiano Left by the ship.
A proposito.
Cammino sulla spiaggia con Erly e Steve, loro a qualche passo dietro di me. Improvvisamente vengo investito un nugolo di fischi tra cui distinguo qualche “A’ bbello!”, “Sei libero stasera?”, “Non ce l’hai la fidanzata?” e “La mia amica sarebbe interessata! Non te ne pentirai!”.
Mi giro. Una quarantina di filippine tra i 30 e i 40 anni, tutte piuttosto robuste e decise, mi fanno il gesto di avvicinarsi. Sembrano già piuttosto ubriache. Hanno una maglietta viola con su scritto qualcosa, forse è l’Associazione Muratrici Fischianti. All’inizio mi ringalluzzisco, il mio ego di macho latino gonfia il petto. Poi i fischi si fanno più insistenti, gli inviti pure, le allusioni anche. Che se fossero le leggiadre passanti di Bangkok sarei già con loro a sgolarmi nel karaoke, ma guardo le loro braccia muscolose e mi allontano. Per un attimo provo come si sente una donna puntata da un branco di uomini.
Cammino sulla spiaggia con Erly e Steve, loro a qualche passo dietro di me. Improvvisamente vengo investito un nugolo di fischi tra cui distinguo qualche “A’ bbello!”, “Sei libero stasera?”, “Non ce l’hai la fidanzata?” e “La mia amica sarebbe interessata! Non te ne pentirai!”.
Mi giro. Una quarantina di filippine tra i 30 e i 40 anni, tutte piuttosto robuste e decise, mi fanno il gesto di avvicinarsi. Sembrano già piuttosto ubriache. Hanno una maglietta viola con su scritto qualcosa, forse è l’Associazione Muratrici Fischianti. All’inizio mi ringalluzzisco, il mio ego di macho latino gonfia il petto. Poi i fischi si fanno più insistenti, gli inviti pure, le allusioni anche. Che se fossero le leggiadre passanti di Bangkok sarei già con loro a sgolarmi nel karaoke, ma guardo le loro braccia muscolose e mi allontano. Per un attimo provo come si sente una donna puntata da un branco di uomini.
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