Il viaggio in treno dura due lunghi e dimenticabilissimi giorni
in cui l’unica nota di colore rimane la tappa nella città di Hat Yai. Esco
dalla stazione per cambiare gli ultimi dollari in bath tailandesi. Per strada c’è qualcosa che non quadra, lo
percepisco subito. Qualcosa che colgo con la coda dell’occhio e del cervello,
senza capire bene cos’è.
Mi indicano un’agenzia turistica, entro. Chiedo a quanto va
il
bhat a una delle signorine
presenti dietro il lungo bancone. La sensazione si fa più forte. Mi guardo
intorno: arredamento normale, luce normale, rumori normali. Fuori dei
furgoncini e i soliti venditori di cibo. Normali. Cos’è allora che mi arriva
sottotraccia? Mi danno i soldi, tutto a posto. Li prendo, ringrazio. Tutto normale.
La signorina mi sorride. Mi fermo. La guardo. Capisco che è lei. Non è una
signorina. Nemmeno le altre sono signorine. Esco dall’agenzia e osservo
attentamente le passanti. Neanche loro sono signorine. Allora tutti quei luoghi
comuni sulla Tailandia come patria
transex
hanno un fondo di verità.
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I soliti, meravigliosi venditori di cibo |
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Attenzione alla prova microfono |
Mentre mi riposo in un cyber
la televisione trasmette immagini di poliziotti che caricano manifestanti. Migliaia
di manifestanti. Non capisco bene cosa succede, è un canale locale in lingua thai. Guardo lo schermo distrattamente,
mentre controllo le mail. Il tipo al bancone invece segue le notizie con grande
apprensione. Commenta con il vicino, preoccupato. Quando finisco mi avvicino al
bancone per pagare, i due hanno gli occhi incollati al televisore, mi incuriosisco.
Le immagini adesso hanno qualcosa di familiare, ma cosa? I manifestanti hanno
qualcosa di familiare, ma cosa?
Minchia. No, impossibile. È stato più di due mesi fa, dico
tra me e me: quanto durano qui in Asia le manifestazioni politiche? Non è come
da noi, un bel girotondo e tutti a casa? E invece i tipi me lo confermano: si
prevede un golpe, forse l’aeroporto di Bangkok verrà chiuso oggi stesso. Ma
porcaputtana, non potevano aspettare che io fossi partito? Per un attimo penso
di tornare a Kuala Lumpur e da lì prendere l’aereo per l’Europa, ma due cose mi
spingono a continuare. Il sogno premonitore, prima di tutto. E poi la
curiosità: quando mi ricapiterà di trovarmi in mezzo a un colpo di stato?
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Per favore, non caricate! |
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