martedì 13 gennaio 2015

Hat Yai, Thailandia. Percezioni extrasensoriali e colpi di stato

Il viaggio in treno dura due lunghi e dimenticabilissimi giorni in cui l’unica nota di colore rimane la tappa nella città di Hat Yai. Esco dalla stazione per cambiare gli ultimi dollari in bath tailandesi. Per strada c’è qualcosa che non quadra, lo percepisco subito. Qualcosa che colgo con la coda dell’occhio e del cervello, senza capire bene cos’è.
Mi indicano un’agenzia turistica, entro. Chiedo a quanto va il bhat a una delle signorine presenti dietro il lungo bancone. La sensazione si fa più forte. Mi guardo intorno: arredamento normale, luce normale, rumori normali. Fuori dei furgoncini e i soliti venditori di cibo. Normali. Cos’è allora che mi arriva sottotraccia? Mi danno i soldi, tutto a posto. Li prendo, ringrazio. Tutto normale. La signorina mi sorride. Mi fermo. La guardo. Capisco che è lei. Non è una signorina. Nemmeno le altre sono signorine. Esco dall’agenzia e osservo attentamente le passanti. Neanche loro sono signorine. Allora tutti quei luoghi comuni sulla Tailandia come patria transex hanno un fondo di verità.

I soliti, meravigliosi venditori di cibo
Attenzione alla prova microfono

Mentre mi riposo in un cyber la televisione trasmette immagini di poliziotti che caricano manifestanti. Migliaia di manifestanti. Non capisco bene cosa succede, è un canale locale in lingua thai. Guardo lo schermo distrattamente, mentre controllo le mail. Il tipo al bancone invece segue le notizie con grande apprensione. Commenta con il vicino, preoccupato. Quando finisco mi avvicino al bancone per pagare, i due hanno gli occhi incollati al televisore, mi incuriosisco. Le immagini adesso hanno qualcosa di familiare, ma cosa? I manifestanti hanno qualcosa di familiare, ma cosa?
Minchia. No, impossibile. È stato più di due mesi fa, dico tra me e me: quanto durano qui in Asia le manifestazioni politiche? Non è come da noi, un bel girotondo e tutti a casa? E invece i tipi me lo confermano: si prevede un golpe, forse l’aeroporto di Bangkok verrà chiuso oggi stesso. Ma porcaputtana, non potevano aspettare che io fossi partito? Per un attimo penso di tornare a Kuala Lumpur e da lì prendere l’aereo per l’Europa, ma due cose mi spingono a continuare. Il sogno premonitore, prima di tutto. E poi la curiosità: quando mi ricapiterà di trovarmi in mezzo a un colpo di stato?

Per favore, non caricate!

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