mercoledì 14 gennaio 2015

Hua Lamphong Station. Penso che un sogno così non ritorni mai più…

È con grande trepidazione che sento il mio treno entrare nella stazione centrale di Bangkok, Hua Lamphong. Rallenta, sbuffa, si ferma. Scendo sul binario con l’occhio lucido e la gamba tremante (per la ferita, oltre che per l’emozione).

Sarà questa la banchina che cambierà la mia vita?

Mi giro intorno, fantasticando su chi o cosa sarà l’incontro importante annunciatomi nel sogno premonitore. Una donna bellissima? Un santone? Un produttore di cartoni animati coreano? Elvis Presley? Ettore Maiorana? Snowden? Un mio compagno delle elementari? Un codice miniato del ‘300? L’ultimo indizio per trovare il Santo Graal? Le prove dell’esistenza di Atlantide, conservate in una vecchia valigia di cuoio logoro? Mi confesseranno un segreto? Mi uccideranno?
Ricordo quando più di dieci anni fa incontrai per caso in una lurida bettola di Estelì, piccola cittadina a nord del Nicaragua, un amico di mia sorella. Tutti e due rimanemmo a lungo a guardarci, con un enorme IMPOSSIBILE stampato in fronte. Cosa mi riserverà il destino adesso? Come cambierà la mia vita? 
Niente. Il binario è deserto, i pochi passeggeri si dirigono frettolosamente verso l’uscita. Vabbè, mi dico, mica siamo in un blockbuster, mica deve tutto succedere per forza nei primi due minuti. Diamo tempo all’universo. In fondo è qualcosa che trasformerà per sempre la mia vita, no? 
Cammino lentamente, sempre più emozionato, girandomi intorno per non lasciarmi sfuggire nessun movimento, per piccolo che sia. Scruto le facce, le mattonelle, gli interstizi nelle colonne d’acciaio, i cartelloni pubblicitari nel caso il messaggio fosse nascosto lì.

Sai dirmi tu, amico arancione, chi devo incontrare?

Niente. Arrivo all'enorme sala centrale, una gran folla di gente esce ed entra. Cerco qualcuno con la faccia blu, con l’aureola, con un paio di tette stratosferiche, ma non noto niente di straordinario. Guardo in alto, forse il fascio di luce o la zampaccia di Godzilla calerà dal tetto.
Niente. Prendo uno zuppone con la menta, faccio un giro per la sala d’attesa, fingo di aggiornare il diario, chiedo alla ragazza delle informazioni se c’è il rischio di golpe militare, così tanto per prendere tempo e dare possibilità all’universo di mostrarmi ciò che deve mostrarmi. Passa un’altra mezz’ora.
Niente. La ferita mi fa un male boia, devo cambiare il bendaggio se non voglio sanguinare sulle scarpe dei passeggeri. Aspetto altri dieci minuti.
Niente. Non mi do per vinto. Invece di andare verso il quartiere Kao San prendo una pensione accanto alla stazione centrale, orribile e squallida come tutte le pensioni accanto alle stazioni centrali. Nel pomeriggio ritornerò tra i binari, e il giorno dopo di nuovo.

La mia pensione. Sembra decente, ma di notte è un'altra cosa

Niente. Tocco il fondo della delusione. Domani parto, questo doveva essere il coronamento di tutto il mio appassionante viaggio in Asia e invece niente. Niente, nemmeno un biglietto della lotteria scaduto o una francese ubriaca che passa di là per caso.
Com’è che dicevano? Bisogna seguire sempre i propri sogni? Controllate che i vostri sogni abbiano il bollino bianco, altrimenti rimandateli al mittente con un reclamo formale e fottetevene.

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