giovedì 15 gennaio 2015

La moda italiana sfida la piazza e i carrarmati

Sono a Bangkok, rispetto a due mesi fa la protesta è montata fino a paralizzare tutto il centro della città. Si parla di blocco totale, addirittura di intervento militare. Ma io ho intenzione di ingozzarmi di pad thai e di tutto ciò che mi capiterà davanti: è il mio ultimo giorno in Asia e devo fare provviste per tutto l'anno. Sono qui per mangiare e niente mi fermerà, nemmeno i carri armati.
Così vado in giro per la città, attraversando impassibilmente con uno spiedino in mano milioni di manifestanti, che stranamente mi guardano tutti male. Forse non mostro sufficiente entusiasmo per la loro causa, ma non so come esprimere loro solidarietà se non addentando più forte la mia anatra al sesamo. Sostengo la lotta dando tutto il mio denaro al popolo, a cambio di qualche simbolico chilo di cibo.

Me li dia tutti, signora, non si sa mai nella vita...
...e anche un pad thai che è da novembre che non lo mangio...
...e anche una dozzina di piatti di questi a caso...
...per chiudere con mango e ananas freschi!

A un certo punto una signora mi avvicina, indica la mia camicia, fa un gesto di disgusto, prontamente condiviso dalla folla. Mi viene voglia di replicare che la moda thailandese non brilla certo per buon gusto, e il suo vestitino leopardato sta a dimostrarlo, ma io sono solo e loro milioni. Decido di rimandare l'apologia dell'Italian Fashion a un'altra volta. La signora insiste, schifata dal mio vestire. Non capisco, non parla inglese. Fa il segno di spararmi, sdegnata. E che cazzo, adesso si esagera, inizio a innervosirmi.
Poi un tipo si mette in mezzo, evitando la rissa, e mi spiega: il rosso è il colore del partito al governo, contestato e odiato da tutti. Mi giro e guardo intorno: milioni di persone e nemmeno un puntino di rosso. Indovinate di che colore sono la mia camicia, la mia bandana e la busta che ho in mano? 

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