Siamo alla fine del trekking, domani si torna a Kathmandu.
Ma si torna davvero? Gli escursionisti che incontriamo in direzione contraria ci
raccontano di una spessa nebbia.
A Lukla la sentenza arriva rapida: siamo bloccati. Non
atterrano aerei da una settimana, attorno all'aeroporto si affollano nervose un centinaio di persone che non possono tornare indietro. Alternative? Noleggiare un elicottero (500 dollari) o farsi 5-6 giorni di marcia serrata nelle valli per poi prendere una jeep fino a Kathmandu. I miei amici sono nel panico: la russa quasi
piange, gli altri due telefonano disperati all'agenzia di viaggi, alla compagnia aerea, alla
prefettura, alle Nazioni Unite, alla mamma. Si vocifera di gente rimasta lì per
mesi e usata come combustibile al posto della cacca di yak.
(foto di Lachlan Jones) |
(foto di Lachlan Jones) |
Nel pomeriggio mi infilo in un tempio. Mi metto in un angolo accanto ai monaci, tra cui dei bambini di circa sei anni. Nessuno mi guarda, nessuno mi dice niente. Nella penombra in cui predomina l’oro e l’ocra rossa risuonano lunghi corni di metallo, mantra, mentre l'aria si riempie dell'odore acre di aghi di pino bruciati. Ogni tanto un monaco-bimbo colpisce con forza un gong. Alla fine entra una signora, distribuendo del tè speziato e bollente in grandi tazze. Anche a me, senza chiedermi niente, accompagnandolo semplicemente con un lieve sorriso.
Que bonita la imagen del templo...
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