Si parte alle sei. Io, Valerie ed Enguerrant, il tipo della barca e sua moglie. Mai saputi i loro nomi, nonostante l'abbiano ripetuti mille volte. D'altronde Enguerrant l'ho chiamato "Ehi, tu!" per quattro giorni di seguito, finché non mi ha scritto la sua mail su un foglio.
È una nebbiosa alba di novembre e dopo una breve sosta per fare colazione su uno zatterone galleggiante ci dirigiamo lentamente a nord. La nostra è una piroga a motore, stretta e lunga, scoperta. Attorno a noi sfrecciano le speed boat, piccole imbarcazioni su cui è montato il motore di una Ferrari F40. Il pilota ha un casco in testa, i passeggeri un rosario tra le mani. Nonostante la forza della fede, ogni anno ci lasciano le penne in molti. Lo scafo è dipinto con colori vivaci, probabilmente per facilitare le ricerche quando si frantuma in mille pezzi contro le rocce affioranti. Ovviamente la speed boat era la mia prima scelta, ma i francesi chissà perchè si sono opposti.
Potevo provare il brivido della speed boat... |
...e invece mi godo il lento Nam Tha (foto di Valerie Berland) |
Dopo mezz'ora lasciamo le acque marroni e limacciose del Mekong per passare a
quelle verdi e limacciose del Nam Tha. La piroga procede senza fretta, ci
aspettano due giorni di viaggio, il borbottio del motore fa da sottofondo al
silenzio che è sceso su di noi. Mi metto comodo e mi riempio gli occhi di
verde. Verde è il fiume, verdi le foreste di bambù, verdi gli alberi piegati sulle
sponde, verdi i villaggi che fanno capolino all'improvviso in mezzo alla
foresta. Ogni tanto ci fermiamo per caricare dei fusti di metallo che presto
riempiono la barca. Mi avvicino: è gas liquido, abbiamo a bordo una decina di
bomboloni di butano, siamo una santabarbara galleggiante. I francesi vi si
siedono sopra e fumano felici le loro sigarette. Sorrido. Niente può turbare la
mia verde tranquillità.
Ci addentriamo nella foresta (foto di Valerie Berland) |
Butano! Butano! Chi vuole butano? (foto di Valerie Berland) |
Osservo le rive passarmi lentamente accanto. Osservo le
trappole dei pescatori lasciate pazientemente ad aspettare. Osservo le grandi
rocce lisce sui bordi del fiume. Anche le rocce si girano e mi osservano. La mia
verde tranquillità ha un sussulto. Guardo meglio, non sono rocce. Il fiume è disseminato da gruppi di bufali d'acqua, l'animale domestico
per eccellenza in queste zone (l'equivalente dello yak himalayano), così
chiamati perchè si immergono completamente sotto la superficie dell'acqua
facendo spuntare solo la schiena e la capoccia. Che buffi. Chissà come sono in umido con i
germogli di bambù.
Penichella al fresco |
Il viaggio procede in silenzio. Noi non parliamo una parola
di lao, loro non parlano una parola di inglese. Niente, nemmeno i numeri.
L'intera conversazione è affidata ai disegni tracciati sulla sabbia della riva
durante la pausa pranzo. Capiamo così che i nostri anfitrioni hanno due figli,
un maschio di 15 anni e una femmina di 12. O che si sono sposati quando lui ne
aveva 15 e lei 12. O che hanno 15 figli maschi e 12 femmine. O che 15 maschi
e 12 femmine è la composizione del villaggio. In ogni caso anche loro riescono a chiedermi, con lo sguardo muto e stupito, del perchè sia single e senza una dozzina di discendenti.
Nessun commento:
Posta un commento