Adesso sì che sono cazzi. A
Katmandu avevo come base l’ostello di Sri, le birrette con Moi, ormai
riconoscevo quei piccoli dettagli di stradine e volti che ti fanno sentire a casa anche quando sei
dall’altra parte del mondo. Di colpo davanti a me si spalanca il vuoto di una terra
sconosciuta. Di un viaggio tutto improvvisato. Alla cieca. Da solo.
Per un lungo istante il senso
di smarrimento supera le scariche di adrenalina.
Orribile.
Con gli occhi ancora pieni di capre e vicoli polverosi, di gonne rappezzate e visi spiegazzati dal sole nepalese, arrivo nello scintillante aeroporto di Bangkok, uno dei più grandi al mondo. Cristallo e acciaio, traboccanti futuro e tapis roulant. Esco. Colossali grattacieli sullo sfondo, bretelle stradali da sei corsie, neon accecanti. Un caldo che nemmeno a Palermo ad agosto. Un traffico che neanche a Palermo a mezzogiorno. Il taxi ci mette due ore e mezzo per arrivare al centro. Inizia a piovere. Si fa notte. Il mio ostello è un alveare pieno di turistame e menù plastificati. La mia stanza soffocante e solitaria. Le strade risuonano di karaoke dozzinale. Non riesco a comprare una SIM locale.
Il primo impatto con la Tailandia è semplicemente orribile. Vaffanculo. Domani vado via.
aeroporto di Bangkok, interno |
aeroporto di Bangkok, esterno |
Nessun commento:
Posta un commento