mercoledì 17 dicembre 2014

La grande abbuffata di Kampong Cham

La prima cosa che faccio quando arrivo in un posto nuovo è sempre la stessa: visitare il mercato, cuore pulsante e odoroso di tutta la comunità.
A Kampong Cham trovo pesce secco e fresco di tutti i tipi, dei lychees giganti, mi ingozzo di frittelle untissime che una vecchietta ancora più unta mi porge. Scopro – o delizia! o gioia! – le arancine locali: cilindriche e con i fagioli dolci al posto della carne tritata, ma spettacolari. E poi frittatone di germogli di soia, pinnacoli fritti di verdura, gnocchi morbidi di carne, uova grigliate, una specie di piccoli e durissimi involtini primavera: non so più nemmeno come descrivere il tripudio di cibo che trovo per strada e dentro il mercato. Per non parlare della fanfara di colori e odori che mi avvolgono a ogni banchetto. I miei sensi, eccitati e satolli, festeggiano. 

Sarà poco igienico, ma è tanto più comodo
Venghino, siori! Abbiamo anche calamari giganti, meduse e sirene!
Fritto così mi mangerei anche il diavolo
È la prima volta che vedo delle uova grigliate. Ottime

La cittadina vale solo per il cibo, per il resto c’è poco da vedere e da fare. Un professore d’inglese nel suo tempo libero fa il moto-taxista, come molti dei locali che hanno fiutato il turismo. Con lui vado a Dom Na Prin, un villaggio a pochi chilometri famoso per i suoi krama di seta. O almeno così dice la guida. Sì, è vero che le case hanno tutte un telaio nella parte di sotto, ma vedo lavorare solo cotone.
Come succede spesso, però, non è la destinazione finale a essere importante, ma il tragitto in sé. Attraversiamo interminabili risaie al tramonto, sentieri rossi di polvere, fiumiciattoli dove vecchi Caronti sdentati muovono con un lungo palo la loro zattera di assi di legno. Il mio compagno motorista mi spiega usi e costumi locali, mentre racconta la sua vita e mi chiede della mia. E a forza di menzionare mia moglie e i miei due figli inizio a crederci anch’io.

Attraversando villaggi
Fabbricazione di un krama al telaio a mano
Tutti gli attrezzi del mestiere

Quando torno mi siedo davanti al Mekong e lo saluto: da domani vado a sud-ovest, lo lascio, non lo seguo fino in Vietnam. Addio, Grande Fiume, è stato bello viaggiare accanto a te. Sei stato un compagno fedele, mi hai insegnato tante cose, mi hai fatto conoscere la tua gente, mi hai cullato al ritmo lento e ipnotico delle tue acque limacciose, mi hai nutrito dei tuoi gamberi e dei tuoi pesci.
E probabilmente anche dei tuoi ratti.

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