Visto che siamo sotto le feste, parliamo di cibo.
Nelle Filippine il capitolo alimentazione è lungo e complesso. Per mangiare
io e Coralie andiamo sempre al
turo-turo di Anda,
dentro il mercato. Una dozzina di pentole sono allineate sul bancone e tu le
indichi (
turo) scegliendo un piatto
di quella pietanza. Purtroppo dopo il cibo tailandese tutto sa di paglia, e l’amabilità di Nanay (“mamma”, così tutti chiamano la signora del
turo-turo) non fa il miracolo. I
minestroni con tamarindo e arachidi messe a casaccio, i grassetti bolliti, gli
intestini unti, il riso scotto, danno al tutto un gusto vago. Né aiuta il fatto che
vengano serviti tiepidi. Si salvano i pesci con il
ginger, il pollo
deep fried, qualche verdura.
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Il turo-turo e il tocco di Marc in primo piano (foto di Coralie Pelletret) |
Oggi però prendo la moto di Steve e vado in città, dove
mi si aprono altri orizzonti. A forma di
siomai
e
siopao, dei
bola-bola (ravioloni locali) piccoli e
fatti con la pasta di pane.
E poi ci sono loro, gli onnipresenti X-
silog. Piatti di riso e uovo fritto dove al posto della X ci può essere praticamente qualsiasi cosa:
tapsilog (con
tapa di carne),
tocilog (con
tocino, altro tipo di carne),
longsilog
(con
longganisa, un insaccato locale),
hotsilog (con un
hotdog),
bangsilog
e
dangsilog (con due diversi tipi di pesce:
bangus e
danggit),
chosilog
(con
chorizo),
chiksilog (con
chicken) e così più o meno all’infinito.
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Alimentare è elementare: tocilog... |
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...longsilog...etc. etc. |
Altrettanto infiniti sono i modi di
fare il pane: nelle Filippine ci sono più panetterie che granelli di sabbia, e spesso sono aperte 24 ore al giorno,
quasi che il
pinoy non possa vivere senza
pane/pasticcini/dolcetti/biscotti. Assaggio circa una ventina di questi
prodotti da forno, ma a ogni paesino ne spuntano di nuovi. Sono dolciastri e
scipiti, mi fermo dopo una ventina.
Nel caso dell’
halo-halo, dessert tipico e amatissimo dappertutto, vince la
curiosità e il colore viola fluorescente dell'
ube. In parte gelato, in parte macedonia, in parte crema, totalmente chimico: non ho mai capito cosa ci sia dentro l’
halo-halo. Anche qui si tratta di un mix
di tante cose, tutte pericolosissime per la salute, messe più o meno alla cazzo di cane, secondo la vituperata
regola (molto statunitense) del “buono + buono = buono”. Negli USA ciò ha dato
origine alla pizza con l’ananas, nelle Filippine all’
halo-halo.
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L'halo-halo ha il nome di un atollo polinesiano... |
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...ed è sano come una delle bombe atomiche sganciate lì. |
Altra eredità yankee sono i fast food dappertutto, la grandine di porcherie in bustina dove i
coloranti e i nomi da jingle la fanno
da padrone (su tutti i miei amati Ding-Dong),
la ketchup che qui non è fatta con il pomodoro ma con la banana.
Ogni tanto dai banchetti fanno capolino strane anomalie
geografiche, come il krapfen
austriaco o l’ensaimada delle
Baleari, entrambi popolarissimi. Per non parlare delle treccine, identicheprecisespiaccicate a quelle che trovavo a
Palermo nel panificio del signor Lo Coco.
Ma l’imperatore della gastronomia locale, prelibatezza dei
palati, invocato a gran voce dal popolo, ricercato dagli estimatori, sbandierato
con orgoglio sulle tavole, conteso dai bambini, è lui: il
balut. La cosa più disgustosa che (non) abbia mai provato. Perché
col cazzo che mi mangio un uovo con dentro un embrione a metà sviluppato di
pollo. Neanche il mio odio feroce per i galli arriva a tanto.
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La gente ci va pazza. Per me è pazza e basta |
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