sabato 27 dicembre 2014

Sua Maestà Schiferrima il Balut

Visto che siamo sotto le feste, parliamo di cibo.
Nelle Filippine il capitolo alimentazione è lungo e complesso. Per mangiare io e Coralie andiamo sempre al turo-turo di Anda, dentro il mercato. Una dozzina di pentole sono allineate sul bancone e tu le indichi (turo) scegliendo un piatto di quella pietanza. Purtroppo dopo il cibo tailandese tutto sa di paglia, e l’amabilità di Nanay (“mamma”, così tutti chiamano la signora del turo-turo) non fa il miracolo. I minestroni con tamarindo e arachidi messe a casaccio, i grassetti bolliti, gli intestini unti, il riso scotto, danno al tutto un gusto vago. Né aiuta il fatto che vengano serviti tiepidi. Si salvano i pesci con il ginger, il pollo deep fried, qualche verdura.

Il turo-turo e il tocco di Marc in primo piano (foto di Coralie Pelletret)

Oggi però prendo la moto di Steve e vado in città, dove mi si aprono altri orizzonti. A forma di siomai e siopao, dei bola-bola (ravioloni locali) piccoli e fatti con la pasta di pane.
E poi ci sono loro, gli onnipresenti X-silog. Piatti di riso e uovo fritto dove al posto della X ci può essere praticamente qualsiasi cosa: tapsilog (con tapa di carne), tocilog (con tocino, altro tipo di carne), longsilog (con longganisa, un insaccato locale), hotsilog (con un hotdog), bangsilog e dangsilog (con due diversi tipi di pesce: bangus e danggit), chosilog (con chorizo), chiksilog (con chicken) e così più o meno all’infinito.

Alimentare è elementare: tocilog...
...longsilog...etc. etc.

Altrettanto infiniti sono i modi di fare il pane: nelle Filippine ci sono più panetterie che granelli di sabbia, e spesso sono aperte 24 ore al giorno, quasi che il pinoy non possa vivere senza pane/pasticcini/dolcetti/biscotti. Assaggio circa una ventina di questi prodotti da forno, ma a ogni paesino ne spuntano di nuovi. Sono dolciastri e scipiti, mi fermo dopo una ventina.
Nel caso dell’halo-halo, dessert tipico e amatissimo dappertutto, vince la curiosità e il colore viola fluorescente dell'ube. In parte gelato, in parte macedonia, in parte crema, totalmente chimico: non ho mai capito cosa ci sia dentro l’halo-halo. Anche qui si tratta di un mix di tante cose, tutte pericolosissime per la salute, messe più o meno alla cazzo di cane, secondo la vituperata regola (molto statunitense) del “buono + buono = buono”. Negli USA ciò ha dato origine alla pizza con l’ananas, nelle Filippine all’halo-halo.

L'halo-halo ha il nome di un atollo polinesiano...
...ed è sano come una delle bombe atomiche sganciate lì.


Altra eredità yankee sono i fast food dappertutto, la grandine di porcherie in bustina dove i coloranti e i nomi da jingle la fanno da padrone (su tutti i miei amati Ding-Dong), la ketchup che qui non è fatta con il pomodoro ma con la banana.
Ogni tanto dai banchetti fanno capolino strane anomalie geografiche, come il krapfen austriaco o l’ensaimada delle Baleari, entrambi popolarissimi. Per non parlare delle treccine, identicheprecisespiaccicate a quelle che trovavo a Palermo nel panificio del signor Lo Coco.
Ma l’imperatore della gastronomia locale, prelibatezza dei palati, invocato a gran voce dal popolo, ricercato dagli estimatori, sbandierato con orgoglio sulle tavole, conteso dai bambini, è lui: il balut. La cosa più disgustosa che (non) abbia mai provato. Perché col cazzo che mi mangio un uovo con dentro un embrione a metà sviluppato di pollo. Neanche il mio odio feroce per i galli arriva a tanto.

La gente ci va pazza. Per me è pazza e basta

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