martedì 16 dicembre 2014

Sambok: il sacro cammino dell'Illuminazione si percorre in stampelle

A Nicolet viene il firticchio di partecipare a un corso di meditazione. Le chiedo se in Italia si iscriverebbe a un corso di pasta fatta in casa, o in Brasile a un corso di samba. Non capisce l’ironia e si offende. La seguo solo perchè il monastero di Sambok sorge su una spettacolare collina alberata che domina il Mekong, unica altura in mezzo a una sterminata e sabbiosa pianura.
Pak Kim Hum è l’unico monaco che parla inglese, si occuperà lui di noi. A Nicolet viene consegnata una veste bianca. A me nulla. O mi considerano sufficiente puro o considerano insufficientemente puri i pantaloncini corti di Nicolet. Mi viene data una casetta in fondo alla collina, dove ci sono più statue che alberi. Sulle pareti episodi della vita di Budda e qualche tortura che spetta a chi ha smarrito la retta via. Per il resto pace. Verde. Silenzio.
  
La scalinata all'entrata dissuade i più dal raggiungere la santità...
...e infatti Budda e i suoi discepoli la fanno in discesa. Mica scemi!
Vista dalla mia casetta sulla piana di Kratie

Il giorno dopo Pak Kim Hum viene chiamato a presiedere una cerimonia funebre in un villaggio vicino. Ci infiliamo, ovviamente, senza nemmeno chiedere di che si tratta. Ben ci sta.
Dentro una palafitta siamo costretti a sorbirci le interminabili litanie buddiste che con voce studiatamente monocorde Pak Kim Hum e i suoi confratelli recitano senza pause. L’estrazione del lotto è molto più entusiasmante. Anche quando non hai comprato nessun biglietto. Dobbiamo rimanere per più di due ore inginocchiati o nella “posizione della sirenetta”, visto che non si può rivolgere la punta dei piedi verso i monaci o verso qualunque simbolo sacro. Io, flessibile come un tubo Innocenti, dopo dieci minuti inizio a bestemmiare sottovoce. Temendo che ciò possa interferire con le pie preghiere autoctone, provo a stirare una gamba. Ammesso che non sia già in cancrena. Una ottantenne accanto a me mi rimprovera severamente e mi rimette la gamba a posto. Cerco di spiegarle con lo sguardo che poi sarò costretto a usare le stampelle, ma la signora non sembra mostrare la minima empatia. Mi appoggio in extremis a una colonna della sala. Nicolet non ha la stessa fortuna e ci metterà parecchio tempo per tornare a camminare come prima.
Ma non c’è sforzo senza ricompensa, come insegnano tutte le religioni: la cerimonia funebre si conclude con un lauto banchetto che non ha nulla da invidiare a quello di nozze. Reverenze ai monaci, che mangiano per primi e da soli, in assoluto silenzio. Sono in un angolo, nessuno mi vede. Cerco di allungare le mani su un num on-sorm dall’aspetto appetitoso, ma l’ottantenne di prima mi fulmina con uno sguardo. Che palle. Alla fine mi getto come un pescecane sulla zuppa di gamberetti, sui num on-sorm, sui noodles sottilissimi con carne, sui dolcini. Tra gli sguardi sgomenti dei presenti e imperturbabili dei monaci.
 
Non potevamo fare foto, quindi mmaginatevi una
cerimonia così però molto più numerosa e rurale

Il corso di meditazione fa cadere le palle. 
Non mi sono alzato alle cinque per sentirmi dire che devo concentrarmi sull’inspirazione e l’espirazione. Che poi nel mio caso è uno sbuffo, e anche bastante evidente. Senza caffè, poi. Gli otto precetti di Budda mi ricordano le istruzioni da seguire se l’aereo precipita. In più non ho dormito niente. E stavolta non è colpa dei (Visnù li stramaledica) galli. Tutta la notta un grosso topo marrone ha fatto bisboccia nella mia casetta, ubriacandosi con il mio repellente antizanzara. Mortacci sua.
Comunico a Pak Kim Hum che c’è un topo che mi dato fastidio la notte. Lui mi guarda con il suo sguardo da robot sereno e mi fa: “Sei sicuro che non sei stato tu a dare fastidio al topo?”. Non c’è traccia di ironia nella sua voce, né di rimprovero, né di nulla. Sento solo in sottofondo la ventola che raffredda il suo sereno hard disk.
Vado da Nicolet e le dico che ha mezz’ora per fare i bagagli oppure il nostro viaggio insieme finisce qui, sulla sacra collina. Mi segue: ha appena scoperto che le hanno rubato 100 dollari dalla stanzetta e non è nelle condizioni migliori per raggiungere il Nirvana. 
No, decisamente questo non è il Laos. 

Già non è facile dormire con il cuscino appoggiato a tale parete

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