martedì 2 dicembre 2014

Spiriti della terra e dell'acqua, aiutatelo

Il mattino dopo svegliarsi è un lento dolore. Wong Sa ci comunica che, essendo festa, non può portarci in giro a mostrarci il lavoro quotidiano degli Akha. La verità è che sono tutti a reggersi le tempie in un dopo-sbornia da leggenda.
Nel suo villaggio però ci sarà una cerimonia animista in favore di un poveretto che sta più di là che di qua. Io e Coralie gli rompiamo i coglioni finchè non accetta di portarci con lui. In tre sulla sua motoretta, sulla sterrata piena di buche come un gruviera: il mio culo ha vissuto giorni più felici. I suoi compaesani Hmong fanno la faccia stranita quando lo vedono tornare con due farang in sella. Noi elargiamo grandi sorrisi a destra e manca e ci imbuchiamo con gran faccia di bronzo al centro dell'agone.

Il qeej, che accompagna i rituali Hmong
Molto più interessante del nostra flauto, no?

La situazione è semplice: il settantenne è stato rimandato a casa due giorni fa con una prognosi di poche ore di vita. La sua bara è davanti alla porta, in bella mostra, a dimostrazione del fatto che i familiari hanno preso sul serio i medici. Però la notte prima uno dei tre sciamani del villaggio ha fatto un rito con un pollo e gli spiriti gli hanno detto che il vecchietto si può ancora salvare. I motivi dell'infermità possono essere vari: 1) la moglie lo chiama dall'aldilà 2) il contratto con gli spiriti che sanciva la sua durata sulla terra è scaduto 3) la madre morta tanti anni prima, a cui lui non ha mai offerto nulla in sacrificio, si è incazzata. Optiamo per la terza ipotesi e procediamo all'uccisione di una vacca, per sacrificarla tutta intera alla genitrice risentita. Le madri quando si incazzano sono terribili. 
C'è tutto il villaggio presente, officia un tipo venuto apposta da Luang Prabang. La cerimonia solenne, tra canti e squartamenti, dura quattro ore. Ad accompagnarla il qeej, una specie di cornamusa locale, insieme a fiumi di lao lao (ma guarda un po'). Alla fine leghiamo i fili di cotone beneauguranti al polso del vecchietto, augurandogli pronta guarigione e una vita serena. Io in italiano gli auguro anche un prospero raccolto e una capigliatura fluente: già che ci sono, meglio abbondare. 

I fili di cotone bianco della buona sorte: non è mai troppa!

Tutto è pronto per la grande mangiata, riservata ai soli uomini. Coralie per l'occasione rompe allegramente le tradizioni millenarie: va bene il rispetto per la cultura altrui, ma come perdersi un momento simile? Ci sediamo accanto al malato, mentre la vacca appena squartata viene servita in mille modi diversi. Va consumata: non esistono frigoriferi, qui. Si mangia da piatti comuni, con le mani, e si beve birra cinese da un unico bicchiere che viene fatto passare di bocca il bocca dal cerimoniere dopo le formule di rito. Cosa diceva la guida turistica? Di lavarsi i denti con l'acqua minerale? 
Tutto bene, finchè non arriva una grossa scodella con un liquido caldo e rossastro. Sangue. È beneaugurale, dice Wong Sa, invitandoci a bere. Io non ho problemi, ma ci hanno messo lo zucchero di canna e a me le bevande dolci non piacciono, gli spiego. Anche il caffè lo prendo amaro. Non c'è del sangue fresco, magari rappreso? Con un poco di lemongrass, che gli aggiunge un tocco fresco? Niente, solo la scodella schiumante. Allora anch'io me ne fotto delle tradizioni millenarie e passo il turno. Spero solo che il vecchietto non abbia una ricaduta a causa della mia schifiltosaggine.

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