giovedì 4 dicembre 2014

Luang Prabang la splendida

Un gioiellino. Stradine selciate, casette in stile coloniale, due fiumi che l'abbracciano, grandi alberi dappertutto, una collina con lo stupa che sormonta la città, la serenità lao che tutto avvolge. 
Luang Prabang è una città turistica, ma è possibile schivare il gregge. Basta giocare con gli orari. E andare in giro all'alba, quando decine di monaci arancioni vanno a chiedere l'elemosina, con un rituale antico e affascinante. 

Secondo i precetti del Budda all'alba si esce per strada...
...e si ringrazia per l'elemosina ricevuta

Subito dopo mi imbatto nel seminascosto mercato mattutino (molto diverso da quello notturno per turisti) che intorno alle otto sarà già scomparso. Trovo una pletora di cortecce, radici, verdure, semi di ogni tipo. Qui friggono e arrostiscono tutto, anche l'aria, e io ovviamente mangio tutto quello che loro friggono e arrostiscono. Faccio fuori una fila di banchetti pur di assaggiare il più possibile, sotto lo sguardo perplesso e sgomento dei locali che temono per il mio fegato. Se sapessero.

Che parte del bufalo d'acqua è? Va bene per la carbonara?
Entrambi non vediamo l'ora di saltare sulle frittelle
Uno di ogni tipo, grazie

Luang Prabang ritorna mia dopo il tramonto, quando i farang si affollano nei ristorantini, lasciandomi campo libero. 
Sono le nove di sera, l'equivamente dell'una di notte da noi. Salgo sulla collinetta di Phou Si, sono solo. Davanti allo stupa trovo una decina di monaci-bambini  (qui si può entrare in monastero a partire dai due anni) che giocano a pallone davanti alla sacrissima statua d'oro del Grande Pacioso. Appena si accorgono della mia presenza afferrano le loro mantelle arancioni e scappano via terrorizzati. Nel buio sento dei gridolini soffocati. Probabilmente si sono buttati dalla rupe per l'onta di essere stati beccati in flagrante atto sacrilego. Immaginatevi dei seminaristi che si sfidano a ping pong sull'altare maggiore di San Pietro. Peccato, non giocavano così male. 


Le scale che portano alla collina di Phou Si
I Budda disseminati sulla collina di Phou Si

Con il cuore ancora appesantito dalla morte di quegli innocenti mi reco lungo il Mekong. È buio, non c'è nessuno sulle rive. All'improvviso una melodia tristissima e bellissima serpeggia sulle acque, facendomi venire i brividi. Mi avvicino in silenzio: da una baracca di legno affacciata sul fiume un vecchietto con in mano lo strumento ad arco tradizionale intona una musica straziante. Altro che fado. Poi canta con una voce sottile che fa del mio cuore coriandoli. 
Non capisco un cazzo di quello che dice, ma ho la tentazione fortissima di andare ad abbracciarlo e dirgli che tutto passerà, che non è niente, che la vita è dura ma vale la pena. Per fortuna rimango fermo e lui, senza accorgersi della mia presenza, continua per una buona mezz'ora. Alla fine ho uno stato d'animo descrivibile solo da chi ha visto l'ultima puntata di Candy Candy lo stesso giorno in cui gli hanno detto che Babbo Natale non esiste.


È qui che un vecchietto mi ha stracciato l'anima

Nessun commento:

Posta un commento